"Saperi, sapori, culture": un blog su cibo, culture e migrazioni nato nell'ambito del progetto "Con i miei occhi, con le mie mani, con le mie parole"

giovedì 15 dicembre 2011

La cucina palestinese / Intervento di Fida Abuhamdiya

“A nessuno al mondo verrebbe in mente di imbottire ogni tipo di verdure con il riso, fatta eccezione per gli abitanti di Gerusalemme: riempiono la zucca, le zucchine, le melanzane, i cetrioli, i pomodori, le patate, le foglie della verza e quelle della vite…. E per riempirle, rimuovono l’interno di tutte le verdure che superano la grandezza di un dito"

Liyanah Badr, Le stelle di Gerico

 

La cucina è la mia passione, tutta la cucina, esplorare le cultura di un popolo attraverso le sue pietanze mi appassiona e mi spinge a cercarle e provarle, la cucina anche era il motivo principale per venire in Italia otto anni fa, cioè imparare la cucina Italiana, e tra un motivo e l’altro mi sono fermata qui, ma ho sempre mantenuto le abitudini culinarie della Palestina, non solo perché è buona, ma perché la considero un’identità del mio popolo , un simbolo dell’esistenza dei palestinesi e il legame di essi con la terra e ciò che dà la terra,
L’occupazione israeliana ci ha portato via terra, acqua, gente, aria, dignità e altro, e dopo essersi impadroniti ingiustamente di tutto vogliono adesso rubare anche la nostra cultura e le nostre pietanze che hanno preparato le nostre nonne, bis nonne, mamme e noi; la mia generazione. Gli israeliani cucinano i nostri piatti ( falafel, humus, maalubeh, baba ghannug, ecc) e mettendoci sopra la loro bandiera e li presentano come se fossero parte di loro, della loro cultura.
La Palestina è la terra che mi ha cresciuta dandomi da mangiare il suo cibo frutto di quella terra. Quasi tutti i venerdì, come la maggior parte dei palestinesi ho mangiato il maalubeh, prima di andare a scuola mangiavo ziet wa zaatar, la merenda a scuola la facevo con un panino di falafel e durante il mese del Ramadan il mio dolce preferito era e lo è ancora, il Qatayef, quanto è buono.. dopo tutto questo, come faccio a non lottare per mantenere l’appartenenza di questi piatti ? L’unico modo per difendere la mia cucina è farla conoscere o ricordare; da questa mia determinazione è nata l’idea con il mio tutor Prof. Paolo Scarpi di fare la tesi di laurea sulla cucina palestinese, e a riordinare le idee e completare il lavoro Marianita de Ambrogio (la mia seconda madre) mi ha dato tutto. La scelta dell’argomento è stata una scelta politica, la mia forma di lotta contro l’occupazione, lotta-resistenza che continuo ancora a praticare dando informazioni sulla cucina palestinese attraverso il mio blog, Scambio tra cibo e culture.
Ritengo che espropriare un popolo della sua cucina storica sia un colpo definitivo per l’annientamento della sua identità.

2 commenti:

Lella e Hend ha detto...

Fidaa Abuhamdiya vivace e coraggiosa giovane donna palestinese ha fatto, del CIBO la sua bandiera, il suo lavoro il suo impegno politico. Il cibo come geo-storia sul quale si fonda l’identità di un popolo

Fida è nostra amica, nostra consulente nostra sorella

Lella e Hend, ass.ne Annassim

Dony ha detto...

Finalemente una cosa diversa nuova...fresca...Fida grazie tesoro, salam aleikoum